I GUADI (le UA’)

Il più famoso, almeno in Italia, è il “Guado di Sigerico”, sul Po, a Calendasco, provincia di Piacenza. Venne utilizzato dal vescovo di Canterbury, Sigerico appunto, durante il suo viaggio a Roma nell’anno 990… Da quel viaggio nacque la “Via Francigena”, da Canterbury a Roma… Ora però il fiume si attraversa in barca (ma quest’anno il servizio è stato sospeso per mancanza di… acqua!) oppure si utilizza un ponte stradale pochi metri più in là…

Altro guado famoso quello del Rubicone: attraversandolo Cesare disse la famosa frase “Il dado è tratto” e aprì ufficialmente la sfida a Roma e al nemico Pompeo… Correva l’anno 49 avanti Cristo e la discussione permane tuttora: Cesare guadò il Rubicone oppure lo attraversò passando su un ponte romano? Il grande condottiero “si scordò di farsi un selfie” e le immagini che ci tramandano quel passaggio, tutte dipinte mille anni dopo, propendono decisamente per il guado. Ma il dilemma è anche un altro: quel fiumiciattolo era davvero il Rubicone? Ai posteri…

Noi, però, lasciamo stare la “Grande Storia” e ci concentriamo sulla nostra “piccola storia poirinese”.

I guadi, in piemontese le uà, sono una costante del territorio poirinese: si attraversavano i rii con i carri agricoli trainati dai buoi, con le mucche per condurle al pascolo, a piedi con la falce, il rastrello… Si utilizzavano per raggiungere i terreni evitando lunghi giri per le strade. Tuttora ce ne sono diverse lungo il rio Verde, ma non mancano lungo il rio Secco, lo Stellone e altri rii. Di sicuro possiamo dire che non c’è altro territorio con una simile concentrazione di guadi, di uà! Anche perché il territorio del Comune di Poirino supera di 74 chilometri quadrati di superfice ed è solcato da una rete di rii e torrenti che, soprattutto in estate, hanno una portata d’acqua davvero scarsa. Il rio Verde, ad esempio, è attraversato da una decina di guadi (di cui due non ci sono più). Qualche guado in meno per il rio Secco, il rio della Peschiera e il Valgorrera. E il guado più importante? Quello sul rio Verde a Tetti Maina. Da lì transitava la strada per Ternavasso. Ma non sempre era percorribile. Così, poco più in là, venne costruito un ponte. Ma il guado rimase ed è tuttora utilizzato. Molto pittoresco è il guado nel Verde “sotto Minchiante” e quello che attraversa il Rio del Lago, sotto cascina S. Orsola, percorrendo una ventina di metri nel letto del torrente prima di risalire verso i campi posti sulla sponda opposta.

I guadi che non ci sono più: l’uà di Frè e l’uà di Brin.

A Marocchi se ne contavano due, entrambi nel Banna, entrambi davano accesso a terreni di marocchesi posti oltre il rio, verso i Cacceri e la cascina Riasso. Prendevano il nome dalle famiglie che maggiormente li utilizzavano: il guado dei Fre, o dei fabbri, ed il guado dei Berrino, i Brin. Erano vicini fra loro, posti in prossimità della strada che, partendo dai palazzi, raggiunge il Banna. Felice Quirico, marocchese doc, ricorda che, da ragazzino, utilizzava l’uà di Brin per condurre le mucche al pascolo verso Poirino e, per raggiungere il proprio campo, utilizzava anche un altro guado, nel rio Verde, posto appena prima che questi confluisca nel Banna. Poco più a monte dei Brin, verso Poirino, c’era il guado dei Fre. Uno dei due, dopo la discesa nel rio, non risaliva dritto sull’altra sponda: il tracciato percorreva un tratto nel torrente per poi risalire in diagonale. L’avvento dei trattori, con la relativa facilità di spostamento lungo le strade, hanno fatto gradualmente sparire i guadi; ora poi il Banna non conosce più i lunghi periodi di secca estiva: gli scarichi di paesi ed industrie mantengono quasi costante il livello dell’acqua per cui il rio è diventato difficilmente attraversabile e le “uà”, i guadi, sono ormai un lontano ricordo.

S. ORSOLA 2022                                             a cura di Matteo Avataneo

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